Non sono un timoniere ma neanche un mozzo.
Lavoro, tanto, studio, tanto, e sogno troppo.
-Scrivere per te cosa rappresenta?
La scrittura c’è sempre stata nella mia vita, anche nei ricordi lontani rimossi, i miei mi dicono che da piccolo scrivevo piccoli pensieri su fogli di carta che lasciavo a loro, ai miei nonni e a mio fratello.
Poi crescendo, la cosa si è evoluta, sognavo di fare il cantante e scrivevo canzoni, ancora tutt’ora mi capita di scriverne, ma son cose che non ho mai mostrato se non agli amori con cui sono stato, ovviamente, non cantavo mica, gliele facevo leggere, poiché ho le doti canore di un’anatra.
Dunque per me rappresenta ciò che sono, senza, non sarei io. Quando sto male e non scrivo, sento di perdere il senso delle cose.
- A cosa ti sei ispirato per scrivere?
Parliamo di muse? Sì, ce ne sono state diverse. Ma per intenderci, anche un semplice sguardo è poesia, può diventare fonte di ispirazione, come dicevo, lascio molto travolgermi dalle sensazioni, e mi arrabbio se non riesco a tradurle a parole, significa che devo ancora imparare tanto su di me e sulla scrittura.
Una musa di cui parlo poco, o meglio, che nascondevo fino a qualche tempo fa, è la donna che è in me.
Spesso parlo di me in terza persona (al femminile) per aiutarmi ad esternare i sentimenti, senza, non ci riuscirei, è un po’ come se mi guardassi dall’esterno.
Del perché sia donna questo alterego, non so dirlo, ma vi riporto le parole di chi mi conosce nel profondo che dicono che la mia sensibilità si avvicina molto a quella di una donna.
Non per fare distinzioni tra uomo e donna, io credo semplicemente che la donna possegga una sensibilità diversa dall’uomo, non più spiccata rispetto a quest’ultimo, solo, diversa.
-Chi è o cos’è per te la debolezza? Come la descriveresti?
La debolezza è una parola che ne racchiude mille altre, come uno scrigno.
Le debolezze ci rendono nudi, e solo nella nuda intimità riusciamo ad apprezzare realmente noi stessi, un sentimento, o qualsiasi cosa, ecco perché credo sia fondamentale concedersi a loro, farsi corteggiare, ammaliare dalle proprie debolezze.
Come dico nel libro, ne esistono di due forme, la prima è quella che comunemente identifichiamo col sinonimo di essere fragili. La seconda è più particolare, è un qualcosa a cui ci concediamo, come ad una passione o ad un vizio, che come entropia ci fa camminare nel mondo senza destino. Mi spiego meglio, ognuno di noi ha debolezze a cui non vuole e può rinunciare, perché senza non sarebbe ciò che si è. Alcune delle mie più intime debolezze sono le donne e l’amore, per citare Ghemon, “io e le donne legati come Andromeda e Perseo”.
- Se chiudi gli occhi, riesci ad immaginare un pubblico al quale vuoi rivolgerti o Marco è per tutti?
Marco non è per tutti, non per motivi particolari o perché ho la puzza sotto al naso, semplicemente perché non si può piacere a tutti, è nell’ordine delle cose, siamo diversi.
Piacere a tutti significa non schierarsi mai, non scendere mai nel profondo, se esprimi un pensiero, stai già facendo una scrematura delle persone che ti circondano, confronto a parte ovviamente, ed è giusto che sia così.
Marco è per chi è simile a me, è per chi crede nell’amore come unica via d’uscita, unica salvezza, unica vita che conosciamo.
Ciò non vuol dire essere platonici o sdolcinati, perché non lo sono e la mia scrittura non lo è. Inoltre per amore intendo anche l’amor proprio.
Chi ha scelto di seguirmi su Instagram, ad esempio, è perché si sente molto vicino a ciò che sento.
Se dovessi chiudere gli occhi, immagino proprio le persone che mi seguono, io parlo con tutti, con tanti sono diventato amico, perché mi piace instaurare un certo tipo di rapporto, mi infastidisce solo pensare siano “followers”, è un termine che non rende giustizia, per me sono amici.
-Piccolo estratto del tuo libro con foto.
Un piccolo estratto del libro? Fermo restando che sono timido nello scegliere qualcosa da mostrarvi. Sono timido anche quando so che qualcuno ha letto il mio libro, son strano, mi rendo conto.
Ma ecco qualcosa per voi, spero vi piaccia nel caso sceglierete di darmi fiducia.
Ancora grazie a te Edmea, grazie ai lettori per avermi letto fino a qui, se passate a Napoli, vi offro un caffè!
Voglio assolutamente ringraziare Silvia Di Comite (Battiture) per aver creduto nelle mie parole, lei è la madrina di Debolezze. Ha curato l’introduzione e le voglio un bene dell’anima anche se non ci siamo ancora visti dal vivo! Lei ha cura della poesia, delle parole, della letteratura in generale e sono contento che abbia avuto cura delle mie, e che ci abbia creduto. In copertina, a rappresentare il libro, c’è proprio lei.🤍
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