Intervista a Lorenzo Stingone

Editore :Independently published 

Lingua : Italiano 

Copertina flessibile : 134 pagine

Posizione nella classifica Best Seller di Amazon : n.277,685 in Libri

n.5,742 in Poesia 

Lorenzo Stingone “Nessuna Atarassia”

Ciao Lorenzo, essendo nato nel 2001 fino ad ora sei il più giovane che io abbia intervistato; ti sei confrontato con un mondo seppur simile, da quello in cui mi sono formata e confrontata io. Raccontaci di te.

Vengo da Napoli e ho diciannove anni. Studio danza dall’età di nove anni, classica e contemporanea. Durante la mia adolescenza, che ora sta volgendo al termine, ho sempre sentito la necessità di esprimermi attraverso ogni canale che mi si poneva davanti. Per questo ho scritto, quando le cose che volevo dire non sapevo dirle, quando la voce mi si smorzava nel parlare. E insieme alla scrittura, ho incontrato un altro canale, la coreografia, che pur sempre è scrittura dove la penna è il corpo, cosa che ho avuto la possibilità di esprimere nella mia prima creazione, un duetto dal nome ‘’Contrapposition’’. Dunque il mio obiettivo di vita è ballare e coreografare, ma non escludo che ogni tipo di arte, dalla scrittura alla moda, dal visuale al non, possa essere parte integrante del mio processo: è proprio da questo principio che, da quest’anno, ho deciso di ampliare la mia visuale studiando Scienze e Tecnologie delle arti, dello Spettacolo e del Cinema.

 

Parlaci della tua passione per la danza. Potresti paragonarla a quella della scrittura?

Come ho detto, la danza può essere paragonata alla scrittura. Quando ballo sento che il mio corpo, in quanto carne ma non solo, può esprimere cose che a parole non saprei dire. Per citare un film che amo, ‘’Billy Elliot’’, mi sento elettricità. Sento che il mio corpo si pone ai limiti della sua possibilità, e ogni giorno è un nuovo tentativo di scavalcarli e crearne di più lontani. Non mi freno nel dire che la massima estensione di questa elettricità stia nel coreografare, dare ad altri una tua visione, dare un pezzo di te a chi di te sa poco. Nella creazione, sia scritta o motoria, da sempre ho come delle astrazioni, dei precisi momenti in cui devo per forza creare. Non cerco ispirazione, attendo la tempestiva visione che mi porta a creare in corpo o parole.

Descrivi in una parola la danza, ed in una la scrittura.

Estensione - Ermetica

Quando hai iniziato a scrivere?  E quando a ballare?

Ho iniziato a scrivere come casuale tentativo in adolescenza, e a ballare quando avevo nove anni. Sembrerà banale, ma dentro di me ho sempre ballato, ho sempre scritto, ho sempre creato, ho sempre interiorizzato, ho sempre sentito tutto, troppo…la crescita mi ha solo permesso di canalizzare, anche se non è mai abbastanza. Ho ancora tanto da mostrare.

Cos’è per te l’Atarassia? Fuori dal contesto del libro, nella vita reale.

L’atarassia è un qualcosa che non voglio. Rappresenta quella tranquillità interiore che se avessi non potrei usare per la mia arte. Io bramo la mancanza di essa, bramo l’instabilità perché è da quella che creo. E’ dal dolore che ho creato questa raccolta, è dalla sofferenza che prendo la miglior arte. Chi è stabile scopre una parte minore del mondo, ma io credo che nessuno sia stabile davvero.

Perché questo titolo?

Perché gli epicurei o gli scettici ci presentano l’atarassia come un qualcosa da volere, da bramare. Io ho ribaltato lo schema, ho ricomposto le mie interiorità smorzandole da quella linea dritta che è l’apatia. Nessuna atarassia perché fin quando sento così intensamente tutto, so che sono vivo, e che posso ancora lasciare una testimonianza del mio passaggio su questa Terra.

Qualcosa che hai studiato, è stata fondamentale per la tua formazione?

Attingo da ogni cosa, da ogni particolare. Ogni balletto, ogni creazione, ogni quotidianità. Ma soprattutto studio me stesso più di ogni altra cosa, e ciò che ne ricavo diventa parola, movimento, visione…

Amo l’arte in tutte le sue forme, amo il cinema, la psicologia rappresentata nel ‘900, il sogno, l’inconscio, Mirò, Dalì, Van Gogh… tutto ciò che mi dica qualcosa di una parte di interiorità di qualche pazzo artista che ha lasciato sparsa in questo mondo. Tutto ciò che è vero mi è servito.

Quando balli o scrivi ti senti libero? Cosa ti fa sentire in trappola?

Essendo tendenzialmente autodistruttivo, l’arte mi fa sentire come fossi in trappola e sognassi di uscire, ma anche come se fossi libero e volessi tornare tra le sbarre. Più che libero, più che in trappola, mi sento in estensione verso ogni lato del mio essere, la mia essenza alla massima potenza, i miei limiti che tentano di essere superati, le mie linee interiori che tentano di divaricarsi verso ogni essenza possibile. Sono un pozzo senza fine, sia nel fuori che nel fondo.

Estratto e foto del tuo libro.

Or qui io rinasco

dove tu non mi volesti 

e dove vorrei fiorissimo.  Or qui io non so cosa farci  delle spoglie gambe che mi sono rimaste divaricate  dall’inatteso aspro inalare di te.  Or qui cammino  lungo strade ventose e sporche  che respiro la nicotina dei fumatori che mi stanno alle calcagna.  Or qui aspetto seduto  con il capo tra le ginocchia,  a pensiero rivolger verso le articolazioni tue.  Or qui mi troverai quando tornerai e  non saprai cos’è casa: e nelle mie costole, spero, te ne ricorderai.




Un saluto con invito a non arrenderci all’imperturbabilità.

Un invito a prender tutto, sofferenze e gioie, è dal terreno bagnato dalla pioggia che trovano posto le radici dei miglior fiori.

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