Intervista a Moira Gatta

Editore : Independently published (21 novembre 2020)

Lingua : Italiano

Copertina flessibile : 329 pagine

Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 108,105 in Libri

n. 680 in Relazioni di coppia

n. 14,189 in Romanzi rosa (Libri)

n. 48,946 in Letteratura e narrativa (Libri)

 Buongiorno lettori, sapevate che l'arancione è la sintesi emotiva (non solo cromatica) tra il rosso e il giallo. Il rosso è pieno di energia e stimoli e il giallo comunica felicità e dell'allegria? È il colore più energico perché ci fa reagire d'istinto. Nella copertina del libro che stiamo per presentare, l’arancione è un colore predominante. Proprio il titolo e la copertina mi hanno catturata quella sera in cui navigavo nell’incredibile mondo del web.

-Buongiorno Moira. Come ti ho detto quando abbiamo parlato, spiegheresti ai nostri lettori cosa significa il tuo nome?

Buongiorno Edmea, buongiorno a tutti, allora, il mio nome significa sorte, destino e non mi è stato dato per un motivo particolare ma mi è stato detto dai miei genitori che appena sono nata, stava molto bene appoggiato su di me.

 -Presentati per noi.

Accidenti, sono emozionata. Ho 48 anni ma ne sento la metà, ho 2 figli e un marito, quindi 3 persone che dipendono da ogni mio verbo. Scherzo. Sono molto dinamica e attiva, sono molto solare, amo la buona cucina, adoro viaggiare, mi piacciono i cruciverba e le parole crociate, più sono difficili più mi stimolano e vado pazza per la scrittura, senza non potrei vivere. Ho un lavoro che mi tiene occupata la maggior parte del tempo e sono a contatto con il pubblico costantemente. Sono store manager in un negozio di abbigliamento femminile, uno di quei negozi dove lo stile è protagonista e bisogna prima di tutto entrare nei desideri femminili e, quando si è bravi, anticiparli. Ecco che entra in gioco la mia predisposizione nel capire e provare a comprendere il prossimo. Amo la psicologia, credo che sarei potuta essere una buona psicologa ma per motivi che non sto a descrivere qui la vita ha preso un’altra strada, tuttavia continuo a “esercitare” la mia passione nell’osservazione attenta e l’ascolto verso tutto ciò che mi circonda e da questo, la mia necessità di costruire dialoghi per capire chi ho davanti.

-Come ti sei avvicinata alla scrittura?

Non amo solo ascoltare ma anche parlare e quando le parole a volte sono costrette a rimanere tra i denti si corre il rischio di stare male perché il nostro corpo è un buon contenitore ma quando è troppo è troppo. Ho sempre scribacchiato qua e là, pensieri, frasi… poi un giorno, un brutto giorno di un brutto periodo le frasi sono diventate tante, alcune sembravano legare tra loro e soprattutto mi alleggerivano il cuore. La scrittura mi stava aiutando a vivere.

-Credi di essere stata destinata a scrivere?

Non saprei ma se unisco il significato del mio nome al corso della mia vita forse, chissà. Confesso che vorrei farne di più di un hobby ma il tempo, anche ritagliato, non basta ma continuo e continuerò a scrivere, migliorando e impegnandomi sempre di più.

-Quando hai scritto per la prima volta? Cosa?

Scritto qualcosa che avesse un senso, con dei periodi, una trama e una punteggiatura orrenda? Terza elementare, descrissi il mio fratellino più piccolo di 4 anni e nonostante gli errori avevo fatto sorridere tutta la classe e la maestra e mi guadagnai un bel voto. Mio fratello mi perdonò solo 20 anni dopo.

-Come delinei il profilo dei tuoi personaggi?

I miei personaggi prendono vita dopo che la storia mi è frullata in testa, in base a ciò che voglio raccontare, ai luoghi e agli ambienti poi li posiziono come meravigliose pedine dorate. I miei personaggi sono tutto, devono emergere i caratteri, i profili interiori, gli aspetti esteriori prima, dopo e durante, me li studio e li analizzo e quando ormai sono irrimediabilmente innamorata di loro e ho perso ogni traccia di lucidità li mostro a occhi esterni.

-Il personaggio più dinamico del libro.

Difficile… ve l’ho detto sono innamorata, tuttavia Edmea mi richiama all’ordine e devo rispondere. Isabella è una donna caparbia e determinata e come tale ha saputo capovolgere la propria vita.

-Perché hai ambientato il libro nella Maremma Toscana?

Amo la Toscana e potrebbe bastare ma vi spiego meglio. La natura con le sue colline mi sono apparse in testa e il romanzo ha iniziato a prendere forma e così è stato. Ho addirittura voluto visitare quei luoghi, la meravigliosa Pitigliano, toccare con mano le pagine mentre venivano scritte. Sono emozionata anche in questo momento.

-Un luogo o una persona, come possono, secondo te, influire nelle metamorfosi personali di ognuno di noi.

Secondo me siamo facilmente influenzabili, il genere umano in genere lo è, per quanto il più delle volte temiamo i cambiamenti credo, anzi ne sono certa, ne abbiamo un gran bisogno. Siamo inclini a resistere e vorremmo rimanere incollati alle nostre abitudini, se cambiamo città, paese o addirittura lavoro, magari lo stesso del precedente ma con persone nuove. Critichiamo i nuovi colleghi o i nuovi vicini senza soffermarci a pensare che potremmo essere noi che stiamo provando ad abituarci a qualcosa di nuovo e siamo spettatori o vittime di una metamorfosi. Per rispondere meglio però, devo dire che noi, uomini o donne, siamo percorsi da fasi, piccole ere in cui il nostro corpo, le nostre sensazioni, i nostri bisogni, i nostri doveri addirittura cambiano e tutto diventa una catena con ogni anello che ha bisogno di rimanere legato al precedente e al successivo.

 

-Una sfida : in 3 parole, descrivi il tuo libro.

Avvolgente perché ti tiene con sé, penetrante perché arriva in profondità, coinvolgente perché se tra una frase e l’altra si rallenta e ci si ferma, si possono chiudere gli occhi e sentire gli odori, i profumi e udire perfino i suoni e le voci dei protagonisti.

 

-Lavorando a tempo pieno, quanto è dura la salita da scalare per scrivere? Raccontaci un episodio in cui hai ucciso le difficoltà a riguardo!

Per uccidere le difficoltà faccio salti mortali e inevitabilmente a volte cado e mi faccio male, scrivo la sera dopo le 21 e di notte a volte e consumo tantissimo correttore per le occhiaie, a proposito, non funziona. A volte la difficoltà più grande è dover e voler scrivere con il rumore intorno. Ricordo un episodio dove sono salita in auto e me ne sono andata in un luogo poco trafficato e con il pc appoggiato al volante, in un modo che non vi dico, sono riuscita a scrivere 2 pagine di un capitolo.

 

-Con il tuo racconto, vuoi far sognare? Vuoi far sorridere? Vuoi farci librare in una non dimensione? Vuoi allontanarci dai pensieri affannosi? Quale scopo ha il tuo libro?

Far sognare, librare in una dimensione su misura per ognuno di noi, vengono descritti momenti impegnativi e altri più leggeri, momenti di serenità e di amore ovunque lo si osservi. Amo sognare e far sognare qualcosa di reale. Sono un idealista concreta, questa frase è presa dal mio primo romanzo, LE CICALE CANTANO IN INVERNO, direte che questi due termini non vanno bene insieme ma per me si, io sogno e idealizzo qualcosa che si può avverare.

-Hai idealizzato un lettore ideale?

Scrivo romanzi rosa, forse più un genere femminile ma ho ricevuto commenti positivi e costruttivi da tanti uomini, non vi è nulla di scontato o banale nei miei scritti, sono argomentati da avvenimenti spesso pesanti ma che portano a una crescita interiore, un viaggio all’interno dei personaggi, di noi stessi.

-Quanto è importante la lettura per te?

La lettura è tutto, è un percorso meraviglioso ricco di avventure, leggere significa costruire uno o più mondi paralleli e ognuno di loro sarà sempre fatto su misura per noi, ogni lettore costruisce il proprio ma è lo scrittore che ci permette di farlo.

 

-Estratto del tuo libro con foto.

Questa parte è a parer mio il centro del romanzo, conoscenza, leggerezza e profondità al tempo stesso, ognuno sembra deporre le armi della propria vita- anche se per pochi istanti e pare trovare la soluzione a tutto in quei minuscoli spazi di semplicità.

IL PUNTO DI VISTA DI LEO

Quella sera sarei dovuto andare con Alberto e Stefano in un locale e l’unico aspetto positivo dei locali era la luce, bassa e colorata, con tanto di quel rumore da impedire qualsiasi pensiero. La zia era già a letto ed io solitamente uscivo tardi e dalla parte opposta all’ingresso principale; le luci erano tutte spente e uscii quasi senza guardare... e mi ritrovai a bloccarmi di colpo per non travolgerla. Isabella se ne stava seduta sul gradino con le gambe allungate e il muso di Tim appoggiato sulle cosce che si spostò d’istinto perché lei si spaventò. Tirò su le gambe rannicchiandole al petto e avvolgendole tra le braccia mi guardò sorpresa, e forse un po’ spaventata.

«Scusa, io... non volevo spaventarti, credevo fossero tutti a letto.»

«Scusami tu, io e Tim ci eravamo messi comodi... un po’ troppo forse, non riuscivo a dormire e volevo prendere un po’ d’aria e anch’io credevo di essere la sola in circolazione.»

«Buonanotte allora, ti auguro di riuscire a dormire.»

«Buona serata, divertiti.»

Che strana sensazione. Il tono delle sue parole sembrava malinconico e mentre mi dirigevo verso il pick-up mi ero voltato per guardarla: era davvero una bella donna e lì, sola al buio, sembrava indifesa e spaesata. Improvvisamente mi passò la voglia di andare in quel locale, avrei preferito starmene la fuori con lei a chiacchierare.

Che strana sensazione, pensai.

Solo il tempo di fare la prima curva e avevo già chiamato Alberto per disdire la serata con una scusa niente affatto credibile, ma anche questa volta lui aveva capito tutto. Cos’avevo fatto per meritarmi un amico così? Sterzai e tornai indietro, stava ancora là e si copriva gli occhi dal bagliore dei fari; vedere la sua mano anche sugli occhi di Tim mi fece sorridere.

«Scommetto che hai dimenticato qualcosa» commentò.

«Hai perso la scommessa, mi hanno dato buca... posso prendere un po’ d’aria anch’io?»

«Certo, ce n’è a sufficienza per tutti.»

«È una bellissima serata.»

Avevo preso posto sullo stesso gradino e, appoggiato alla ringhiera bassa, tenevo la gamba piegata e l’avevo di fronte, più o meno nella stessa posizione con Tim a fare da divisoria.

«Già... Purtroppo ne ho perse molte di queste serate, ho perso tanto di tutto questo.» La sua voce sembrava triste.

«Ora sei qui però.»

Non ero mai stato molto bravo, la comunicazione non era mai stato il mio forte, anzi ero una frana... ma voler parlare con lei mi sembrava così facile e per giunta molto naturale, forse per come l’avevo trattata quando era arrivata, o forse semplicemente perché non era quella che avevo immaginato che fosse. Quella riflessione si fece ancora più marcata.

«Sì... hai ragione, basta guardarsi indietro, guarderò solo avanti e cercherò di dimenticare alcune cose per lasciare il posto ad altre.»

Non faceva una piega il suo ragionamento e poteva calzare perfettamente anche su di me anche se lei non lo sapeva.

Restammo in silenzio per qualche attimo e la pace che mi trasmetteva – starmene lì senza fare nulla di particolare, se non ascoltare le sue parole e la sua voce così pacata e dolce – fu qualcosa di inaspettato.

«Credo che da lunedì avrai un’allieva, il nonno desidera che io impari un po’ di cosette ma credo che sia stata io indirettamente a volerlo.»

«Non capisco, cosa intendi? Lunedì? In campagna i giorni della settimana non hanno molta importanza.»

«Vorrei imparare... o forse vorrei recuperare. Quando ero piccola amavo seguire il nonno nei vigneti ma poi... vabbè, la storia la conosci. Impazzivo per la raccolta delle olive e mi piacciono le rose... adoro le rose, soprattutto quelle bianche laggiù, secondo me hanno molti significati. È stata un’idea tua, vero? Piantarle su tutto il perimetro, intendo.»

Sorrideva mentre ricordava, ma il suo era sorriso amaro, colmo di rimpianti e rabbia perché le era stata strappata la felicità.

«Sì, ho fatto tutto io... sai come si chiamano? Nevada. Significa nevosa, bianca come la neve appunto. È stata sviluppata da un certo Pedro Dot nel 1927... sai che sono delle guardiane?»

«Guardiane? Mi pare di ricordare qualcosa ma…»

«Ti spiego, sono delle spie in un certo senso, sentinelle contro parassiti e malattie per i vigneti... in un certo senso catturano i nemici ostili, se le rose si ammalano significa che la vigna non è in buona salute.»

«Non lo sapevo, oppure… lo avevo scordato.»

Abbassò il viso senza aggiungere altro.

«Ora lo sai!»

«Però in questo modo le rose si ammaleranno e non è giusto.»

«Pare che tu non sia cambiata. Pietro raccontava spesso della tua indole come paladina dei più deboli... ma stiamo parlando di parassiti, Isabella.»

«Be’… sono esseri viventi anche loro, sai?»

Ci guardammo un attimo di troppo, quell’attimo in più che ti toglie le parole e ti lascia i pensieri, poi scoppiammo entrambi a ridere. Stavolta il suo sorriso non aveva nulla di amaro, era sereno e limpido e la magia stava nel fatto che anche il mio lo era.

«Vedi? Ho già imparato qualcosa, e questi sono corsi serali, sai?» Sorrise della sua battuta e ammiccando con aria saccente si portò i capelli tutti da un lato, ed io non potei non guardarla.

«Sarà un gioco da ragazzi, ti ricorderai tutto... e poi io sono un ottimo insegnante.»

«Lo spero tanto… sai… pensavo che, se solo le rose sapessero catturare anche i nemici ostili di noi umani sarebbe meraviglioso, tuttavia temo che ne esisterebbero ben poche floride e sane.»

Quelle parole m’investirono come uno tsunami. Mi sentii coinvolto in ogni sua parola: quei fiori rappresentavano un milione di significati per me e lei sembrava averlo capito, a ogni modo non aggiunsi nulla, mi schiarii la voce e tentai di non darlo a vedere.

«Bene, allora non vedo l’ora di iniziare il mio addestramento.»

«Quindi direi che domani possiamo farci un giro, non ci sono i lavoranti e rispolveriamo ciò che ricordi.»

Sospirò.

«Se ancora il sonno non c’è possiamo fare due passi?» proposi.

«Sì, a dire il vero era la mia intenzione iniziale ma... temevo di imbattermi in qualche cinghiale.»

«Puoi stare tranquilla, c’è la recinzione elettrica su tutto il perimetro... e non guardarmi in quel modo, sì, è stata un’idea mia ma tranquilla, sono animali piuttosto intelligenti e furbi e non si fanno male. Siamo solo io e te, e Tim ovviamente... vedrai, ci seguirà come un’ombra.»

Cos’avevo appena fatto? Ma che cazzo... ero stato io a parlare? Ironizzavo e scherzavo come nulla fosse, non sembravo neppure io... forse la notte davvero disinibisce sia che si dorma oppure il contrario.

«Ok, ok, non dirò niente.»

Si mise a braccia incrociate e parve scrutarmi con malizia.

«Questa pace, questo silenzio così pieno di tante cose da dire... quanto mi è mancato!»

«La pace a volte è così intensa a quest’ora, in serate come questa poi, dove non si muove nemmeno una foglia...»

Restammo zitti, avvolti dal buio e ognuno con le proprie riflessioni.

«Se ti dà fastidio l’umidità torniamo» dissi poi.

«No, affatto... sto... sto molto bene ma… ovviamente se non va a te torniamo.»

«Niente affatto, andiamo.»

Anch’io stavo bene e con la poca luce che l’alone della torcia sul cellulare mi consentiva, la osservavo. Era così diversa da come l’avevo costruita nella mia testa. Mi accorsi di come mi avesse fortificato il bisogno di vederla come la peggiore delle persone in tutti i racconti che Pietro mi aveva rivolto ogni sera. Davvero tutta la mia rabbia mi aveva reso tanto ostico e distante dal bello? Davvero credere o immaginare altre persone negative o ingrate – o peggio ancora egoiste – faceva sembrare me normale?

E in lei di bello ce n’era tanto.

Fu Tim a scuotermi dai miei pensieri, per un rumore improvviso di qualche animale notturno e vidi Isabella irrigidirsi.

«Leo... cosa è stato?»

«Tranquilla, sarà stata una civetta o un gufo, o qualcosa di simile... del resto stiamo invadendo il loro tempo e il loro spazio. Torniamo se vuoi.»

La vidi spaventata e stringersi nel suo abbraccio. Non sapevo cosa fare, mi guardava come se volesse chiedere... protezione, forse? Ma non lo avrebbe mai fatto, ed io di certo non lo avrei mai permesso; non perché non volessi, nemmeno ci pensavo... oppure sì?

Ad ogni modo, non ne sarei stato capace. Mai.

La circostanza non era tanto preoccupante da richiederne ma, quello che leggevo era altro, o almeno credevo. Isabella si era sempre bastata da sola, aveva sempre cercato riparo in sé stessa e come stessi giungendo a questa conclusione poteva avere un solo significato.

Io e lei eravamo molto simili.



 

-Lascia un consiglio a chi ama scrivere                                                                        

Fatelo con il CUORE, lui guiderà i vostri pensieri.

 

-Infine, lasciaci un saluto positivo

Quasi mi spiace che sia conclusa questa intervista, cosa vi posso dire? Prima di tutto Grazie Edmea, ho conosciuto una persona splendida, dolce e vera e se non è già una vittoria questa, quale?

In ognuno di noi c’è un mondo e spesso ci si dimentica o semplicemente non lo si pensa abbastanza, facciamo tutti della nostra vita qualcosa di speciale, qualcosa che ci rende felici, solo in questo modo saremo capaci di lasciare qualcosa, a noi stessi prima di tutto. Pensate solo a cosa si prova quando una piccola soddisfazione cambia il nostro umore, la nostra giornata, ecco… pensiamo che la maggior parte delle soddisfazioni le possiamo creare noi, farle accadere e renderci migliori.                                                                                                                          Moira Gatta

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