Intervista a Rosalia Messina
Editore : Chi Più Ne Art Edizioni
Lingua : Italiano
Copertina flessibile : 150 pagine
Posizione nella classifica dei Bestseller di Amazon : n.82,418 in Libri
n.7,923 in Narrativa Contemporanea
n.8,631 in Narrativa Letteraria
Rosalia Messina "La stagione dell'Angelo"
Buongiorno lettori. Quanto è bella la Sicilia? Quella di ieri e quella di oggi… ho un debole per la mia terra, come avrete già notato nella mia descrizione del Gattopardo precedentemente pubblicata. L’autrice di cui parliamo oggi è siciliana (vi confesso che ha anche un cuore d’oro).
-Buongiorno Rosalia, puoi scrivere qualche riga per
presentarsi a chi ci legge?
Buongiorno, Edmea e
grazie per il tempo che mi dedichi. Sono siciliana e vivo a Bologna. Dal 2010
ho pubblicato narrativa, testi teatrali, poesie e anche un libro di fiabe.
-Quali sono i tuoi studi?
Mi sono laureata in
Giurisprudenza e ho svolto uno dei tanti lavori che si possono svolgere con
quel tipo di laurea.
-Quali sono le tue passioni?
Lettura, scrittura,
cinema. Mi piace viaggiare, mi piace camminare e scoprire i luoghi camminando a
piedi. Si scoprono tante cose interessanti camminando, ascoltando frammenti di
conversazione, osservando la vita.
-Tre cose di cui non potresti fare a meno.
Leggere, scrivere e
camminare. Ma avrei potuto dire anche leggere, scrivere e il cioccolato fondente.
-Come ti senti quando scrivi?
Concentrata ma
distesa. La scrittura mi rasserena.
-Qual è il tuo primo ricordo di scrittura?
Avevo cinque anni e mi
era stata regalata una piccola lavagna. Copiavo con il gessetto le parole che
leggevo o, per meglio dire, i segni che vedevo scritti sul giornale che mio
padre comprava ogni giorno, sui libri che circolavano per casa, sulle
confezioni di prodotti vari. Poi ne chiedevo il senso agli adulti e così ho
imparato a leggere e scrivere prima di andare a scuola. Da bambina scrivevo
poesie molto ingenue, con la rima baciata, tutte cieli azzurri e prati in fiore.
-Cosa ne pensi dell’editoria digitale? E dei social
network?
Non ho pregiudizi di
sorta. Come lettrice, ormai preferisco il digitale, per molte ragioni
soprattutto pratiche (di spazio, soprattutto). I social network, utilizzati con
criterio, sono un utile mezzo di comunicazione e anche di aggregazione.
Frequento gruppi di lettori forti e ne sono nate iniziative interessanti,
rapporti di stima e di amicizia e belle occasioni di incontro. Ritengo il
virtuale una dimensione come un’altra della comunicazione, né più vera né più
finta. Si può essere sinceri o mentire, spacciarsi per ciò che non si è o
rivelarsi senza schermi in ogni situazione, anche stando gomito a gomito.
Inutile dire che per chi scrive (ma vale per ogni attività artistica) i social sono stati una benedizione. Per
un’esordiente di lungo corso, come me, che pubblico con piccole case editrici
(ma vale anche per molti autori che pubblicano con case editrici medie e
grandi, perché la promozione “pesante” anche in quei casi riguarda pochi autori
e pochi titoli), i social significano possibilità di far conoscere le proprie
opere e di entrare in contatto con potenziali lettori e lettori. Per me è una
fase molto bella della scrittura, che non sta a sé ma ne fa parte; come
accennavo prima, le interpretazioni dei lettori aggiungono qualcosa alla storia
e, a volte, sono davvero sorprendenti per l’autore, che si ritrova a dire: toh,
guarda, non ci avevo pensato, non ne ero consapevole, ma quel passaggio,
quel dialogo, significa anche questo. Più che mai preziosi, poi, i
social durante la pandemia, che ci impedisce le presentazioni in libreria.
-Scorrendo fra le tue pubblicazioni, arriviamo a “La
stagione dell’Angelo”. Da dove nasce l’idea di questo libro?
Preciso innanzitutto
che questo è il primo romanzo che ambiento a Bologna, tutti i precedenti sono
ambientati in Sicilia. La storia nasce dall’osservazione in concreto della
solitudine urbana degli anziani, marginalizzati dai ritmi frenetici della vita
contemporanea, e di quei giovani che scelgono di stare fuori dal branco, per
vocazione, per insicurezza, perché si sentono diversi. A Bologna ci sono
moltissimi anziani (spesso vitali, attivi, che non si arrendono e vanno in giro
zoppicando, sostenendosi con il bastone, a volte trascinandosi, ma ancora
desiderosi di fare, di comunicare). E moltissimi giovani che vengono a studiare
o a lavorare (o entrambe le cose) e vengono da tutta Italia e da tutto il
mondo. Ho immaginato l’incontro fra la solitudine dell’anziana Elisabetta, come
me siciliana che vive a Bologna), e la solitudine di Viola, una ragazza non
comune, che ama la poesia, che si trova a suo agio con gli anziani e i bambini.
Sono due persone ferite e non aggiungo altro, men che mai anticipo i colpi di
scena perché i lettori amano scoprirli da soli.
-Come mai hai scelto questo titolo?
Fra i personaggi della
storia c’è un angelo, un angelo che non vola, che sembra un ragazzo come tanti
e che ha un suo importante ruolo nella trama. Inoltre, la vicenda si snoda per
quattro stagioni, dall’estate alla primavera successiva. Infine, come dice
Emily Dickinson nei versi dell’esergo, «Gli angeli stanno nella casa accanto
alla nostra/ovunque noi siamo». Cioè, secondo la mia interpretazione, gli
angeli e i demoni sono dentro di noi.
-Con quali parole chiave si potrebbe riassumere il suo
libro?
Solitudine, abbandono,
speranza, empatia, dialogo, poesia, smarrimento, angelo.
-C’è una chiave di lettura per immergersi interamente
nell’opera?
Secondo me la cosa più
bella del leggere, ma anche dello scrivere, è che ogni lettore trova nei libri
cose diverse. E a volte, se capita che si confronti con l’autore, può offrirgli
chiavi di lettura alle quali l’autore stesso non aveva pensato e che tuttavia gli
appaiono illuminanti. A me è capitato, ed è stato bellissimo. Preferisco quindi
lasciare al singolo lettore la libertà e la responsabilità di trovare
significati nella storia che ho scritto.
-Io in primis sono stata attirata dalla copertina del
libro. Perché è questa? Perché la finestra?
Le finestre, il
guardarsi dalle finestre di due appartamenti che si fronteggiano, un foulard
che cade dalla finestra, il mondo visto dalla finestra: sono tutti aspetti
della storia che ho cercato di raccontare. Ed è per questo che mi sono subito
innamorata della foto di Enrico Piccinini, con quel suggestivo bianco e nero e
quella macchia di colore azzurro che in ognuno può evocare sensazioni diverse,
richiamare significati diversi.
-Estratto del tuo libro con foto
È un’estate molto
calda. Devo tenere tutto il giorno il ventilatore acceso. E anche la notte,
perché l’aria è ferma ferma, nemmeno un alito di vento. Dalle finestre che
danno sul cortile interno tengo d’occhio le altre case del palazzo: dappertutto
serrande abbassate e piante mezze morte. Ci siamo solo io e la vecchia del
quinto piano. Grazia mi fa notare con un bel sorriso che vecchie ormai siamo
tutte, ma non le rispondo, lo so da me che sono vecchia pure io. E mica è un
insulto, vecchia. È una seccatura della vita che tocca a tutti quelli che non
hanno la fortuna di morire da giovani, magari intorno ai cinquanta. Che bella
età, quella, mi sentivo ancora così energica a cinquant’anni, forse anche
cinquantacinque. Ma, anche se mia sorella è tanto cara e affettuosa e mi vuole
bene, non sempre mi piace parlare con lei dei miei pensieri segreti. Me li
tengo stretti nella testa e li penso quando sto da sola e anche, certe volte,
quando sono in compagnia; e cioè quasi mai, praticamente vedo solo lei, Grazia.
Mi piace scapparmene via con la testa, sono diventata così con l’età e le
disgrazie, una persona solitaria e chiusa.
Come ogni anno, uno
dopo l’altro, sono partiti tutti. Fino al 13 agosto c’era anche la famiglia del
secondo piano, quella con i due gemelli. Sentivo la madre – una che forse
nemmeno arriva a trentacinque anni, lunga e secca e agitata − strillare tutto
il giorno, Matteeeeeooooo, Pierpaaaaaaaolooooo; ora invece c’è un gran
silenzio, una pace. Peccato per questo caldo afoso, non riesco quasi a mangiare
e bevo tanta acqua. A Bologna è sempre così, d’estate. Evito di uscire da casa,
tutti i giorni mia sorella passa nel pomeriggio a portarmi qualcosa di cucinato
o di facile da preparare. Lo sa che non esco quando fa caldo, non ce la faccio.
Lei, Grazia, non soffre il caldo e non soffre il freddo, è resistente come
l’acciaio. Non si ferma mai per molto tempo, una mezz’oretta al massimo; ma
d’altra parte sono così poco ospitale, così silenziosa, di solito. Faccio
scappare tutti, da un po’ di tempo a questa parte mi viene in mente che
dev’esserci sempre stato qualcosa in me che fa allontanare la gente. Da quale
tempo, cosa dico? Il tempo è diventato strano, ma forse no, sono strana io che
non riesco a stargli appresso, che giorno è, che mese è questo? Non ero mica
così, una volta stavo con i piedi belli piantati a terra, sapevo tutto quello
che si doveva sapere, l’anno e il mese e il giorno e le scadenze, chi l’avrebbe
detto che sarei diventata una testa persa, una svagata? Come certe clienti
ricche di quando ancora cucivo, quando ancora non avevo disimparato quasi
tutto, come si cuce, come si prega, come si cucina, come si tira a lucido la
casa… E ne avevo, di clienti nervose, con la sigaretta sempre in mano che poi
neppure la fumavano, serviva per agitarla in aria mentre parlavano, chiedevano
se mi dispiaceva che fumassero e mi dispiaceva sì, i tessuti prendevano odore
di fumo, ma ero educata e garbata io, allora lo ero sul serio, e dicevo di no e
poi mettevo la roba a prendere aria vicino alle finestre. Sì, questa è città di
finestre, balconi pochi e piccoli. Io ho quello dal lato della cucina, dove una
volta riuscivo a far crescere il basilico, la menta e la salvia, il prezzemolo
no, non sa di niente e non lo uso. Adesso ci sono vasi vuoti e terra secca.
-Lasciaci:
1.Un consiglio per riavvicinare i miei coetanei alla
lettura.
Posso essere sincera? La
mia opinione è un po’ eretica, mi rendo conto, ma credo che la passione per la
lettura, come ogni altra passione, nasca da dentro. Si può crescere in una casa
dove ci sono più libri che mobili e non amare la lettura; si può crescere in
una casa dove entra solo la Gazzetta dello Sport e sviluppare una passione per
i libri. Anche la scuola, secondo me, può affinare e rafforzare una tendenza
già presente, non crearla dal nulla.
2.Un consiglio per chi vuole pubblicare un libro.
Occorre essere tenaci,
non arrendersi alla difficoltà di trovare un editore, non cadere nelle trappole
delle case editrici a pagamento, continuare a scrivere nonostante i rifiuti o i
silenzi degli editori.
3.La tua frase preferita del libro
È una battuta di
dialogo: «Pensavo che la poesia fosse una cosa troppo difficile per me. Perché
è vero che a scuola ho studiato poesie, ma le spiegava l’insegnante, altrimenti
non credo che sarei riuscita a capirne il significato. Invece le poesie che
leggi tu vanno bene anche per una persona semplice come me.»
4.Un saluto.
Un ringraziamento a
te, innanzitutto, per l’ospitalità sul tuo blog e le belle domande. Ai
potenziali lettori: buona lettura, buone letture e spero di incontrarvi tra
le pagine.
Questo articolo segna una parte importantissima dei miei
traguardi.
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