Intervista a Claudia Alessi

Titolo : I gigli non parlano

Editore : Gruppo Albatros Il Filo 

Lingua : Italiano

Copertina flessibile : 422 pagine

n.3,915 in Libri 

n.537 in Narrativa Contemporanea 


Buongiorno lettori, quante volte siete stati combattuti fra una t-shirt ed un'altra?

Vi è mai capitato di essere combattuti fra una persona ed un'altra?

Il libro di oggi saprà stupirci riguardo a questi presupposti.

 

-Buongiorno Claudia, presentati per noi.

Sono nata e cresciuta a Venezia. Ma non voglio fare una retrospettiva biografica o del mio curriculum. Quello che posso dire è che sono semplicemente Claudia: una ragazza che da sempre ha avuto nel cassetto il sogno di scrivere e che ha deciso di stravolgere la sua vita per realizzarlo.

-Di cosa non puoi fare a meno nella tua quotidianità?

Del mio rossetto preferito e del cioccolato.

-E di chi?

Di Franz e Ugo, i miei amatissimi cani.

-Un segreto?

...ho la licenza di uccidere, ma non posso parlarne apertamente...”M” mi sgriderebbe!

-Un aneddoto divertente sulla scrittura.

Scrivo solo se sto indossando quello che io chiamo “il mio cappello del pensiero”.

-Perché scrivi?

Da che ho memoria, da quando ho imparato a tenere una penna in mano, mi sono sempre divertita a scrivere racconti, narrare storie…è la mia ossessione preferita!

-Parlando de “I gigli non parlano”, parlaci brevemente di Azzurra.

Azzurra è un essere umano. Con tutti i pregi e i difetti del caso. Con questo intendo dire che è una persona in cui sia donne che uomini possono facilmente riconoscersi. È una ragazza seria ma allo stesso tempo sognatrice. Si emoziona, si fa trascinare dal cuore e dall’istinto. Soffre, sbaglia, cade, ma sa anche rialzarsi e imparare dai propri errori. È una ragazza che diventa donna.

-Sapresti descrivere Max e Damiano in 3 parole.

È davvero difficile definirli in sole tre parole. Sono personaggi dalle molteplici sfaccettature. In perenne evoluzione peraltro. Però se dovessi descriverli a bruciapelo direi che Max è introverso, complicato ma anche sorprendente. Damiano invece è fascino, passione, gelosia.

-Quanto è importante l’elemento del dubbio nel tuo libro?

Direi che il dubbio è uno dei perni attorno a cui ruota tutta la vicenda. L’eterno ma mai scontato dilemma fra il cuore e la ragione. Sembra una scelta facile, ma la storia di Azzurra insegna che ogni decisione ha delle conseguenze, che nulla e nessuno è come sembra e che l’indecisione nella vita non può essere un’opzione. Lascio al lettore la sua libera interpretazione sulla vicenda, però mi sento di dire che l’attesa è carica di ogni più profonda meraviglia ma nel contempo foriera di irreparabili ferite per tutti i personaggi coinvolti.

-Perché questo titolo?

Mi piace l’idea di un messaggio segreto, silenzioso. La vita è fatta di ossimori: i fiori posseggono un linguaggio nascosto, ma restano muti. È proprio osservando dei gigli bianchi, che da secoli rappresentano l’idea della purezza e della castità che Azzurra si sente sfidata e decide perciò di lasciarsi andare ad una lunga notte di riflessioni sul suo passato, consapevole che i suoi testimoni, che sembrano quasi giudicarla con il loro candore, manterranno il segreto delle sue più intime confessioni.

-Estratto del libro con foto














CAPITOLO XXIII

 

È tarda notte.

Non riesco a dormire.

L’insonnia mi tormenta. Sto con gli occhi aperti nel buio a fissare il vuoto.

La casa è in perfetto silenzio, non si sente alcun rumore eccetto il respiro leggero di Max addormentato.

Sguscio fuori dal letto facendo attenzione a fare piano.

A piedi nudi sul marmo, cammino per andare in salotto.

Prendo dalla libreria la nostra vecchia foto.

Il primo oggetto che ho posizionato in questa casa.

Vado a sdraiarmi sul divano. Ho bisogno di qualcosa di accogliente. Quel letto nella nostra camera non lo è più da molto tempo ormai.

Mi tiro la coperta che tengo sempre qui fin sotto le braccia e guardo con la luce del telefono un’immagine che conosco già a memoria.

Ci sono due ragazzi che si baciano in mezzo a una pista di pattinaggio sul ghiaccio. La scritta a caratteri bianchi su fondo rosso posizionata sopra gli spalti dello stadio, sullo sfondo “Welcome to Cortina” spiega dove si trovano.

Tutt’intorno a loro la folla pattina felice, in un pomeriggio qualunque delle vacanze di Natale.

Bambini, ragazze con i maglioni a trecce, ragazzi con i guanti sfrecciano vicino a quei due, incuranti della confusione che li circonda.

Lei ha i capelli bagnati. Lui la stringe a sé tirandole il cappotto umido.

Lui ha le mani arrossate dal freddo e un ciuffo ribelle e bagnato gli copre il viso.

Lei è bellissima, ha le guance rosate su una pelle candida e gli occhi chiusi perché, chissà, forse è solo così che si sogna per davvero.

Il ricordo mi trafigge lo stomaco.

Eravamo giovani, innamorati e completamente inzuppati perché noi e gli amici, prima di andare a pattinare, ci eravamo lanciati in un’agguerrita battaglia a palle di neve.

Avevamo costruito nel cortile della casa di Ale, l’amico che ci scattò l’istantanea, stupenda proprio perché non sapevamo di essere fotografati, un pupazzo di neve, come quelli delle favole.

Era alto, composto di tre giganti palle di neve. Il suo naso era una carota e le sue mani nodosi bastoni di legno.

Io avevo donato una sciarpa e un cappello per renderlo più bello e, subito dopo, non ancora paghi, come bambini, avevamo ingaggiato una spietata battaglia di lanci ghiacciati.

Giulia e Yuri, da vigliacchi, lanciavano nascondendosi dietro il pupazzo per non farsi colpire, ma io li sorpresi alle spalle svuotando dentro alle loro sciarpe una badilata di candida vendetta.

Sorrido mentre guardo questa foto e mi passano davanti agli occhi quei momenti. Appoggio con cura la fotografia sul mobile alle mie spalle.

Era tutto bello come in un film.

Mi prende la nostalgia.

Pattinavamo e giocavamo a fare le piroette sul ghiaccio.

Impossibile dire quante volte siamo caduti e quanto a lungo abbiamo riso.

Eravamo zuppi e infreddoliti, ma continuavamo a scivolare in una danza e in un bacio immortalati per sempre dentro di me.

Eravamo talmente freschi e ingenui, eppure ci sentivamo così grandi, appena sbarcati all’università. Ci sembrava di avere il mondo in mano e un futuro meraviglioso innanzi a noi. Mi sentivo la ragazza più fortunata del pianeta.

Tutte le mie amiche dicevano che avevo trovato il principe azzurro e, in fondo, ero un po’ l’invidia di tutte.

Da sempre insieme, per sempre complici.

E ora?

Mi sembra di condividere il letto con un estraneo e riempio la notte di ricordi piuttosto che di progetti.

Deglutisco amaramente.

Parlavamo per ore del nostro futuro prima di addormentarci e camera nostra poteva essere il centro del mondo. Non serviva andare da nessuna parte per essere felici. Avevamo già tutto quello che occorreva. Noi stessi e il nostro giovane, incrollabile amore.

E allora, dov’è questo sentimento?

Può andarsene all’improvviso così come all’improvviso è arrivato?

Tiro un sospiro mentre mi abbozzolo nella coperta.

Mi tormenta questa dolce reminiscenza di quando rotolavamo per ore in quel letto con le nostre stupide coccole e il nostro buffo modo di parlarci. Il nostro linguaggio segreto.

Può finire tutto questo?

Non è rimasto più nulla di tutto quel trasporto, di tutta quell’emozione di quando volteggiavamo sui pattini ed eravamo così felici, senza nemmeno renderci conto di quanto lo fossimo.

Può una passione essere inghiottita dalla fatica degli studi, dalla noia della quotidianità, dallo schiacciante peso della salute che viene meno?

Non riesco a dormire perché le parole di Damiano mi tornano alla mente come uno stornello assillante.

“Se fossi stata felice con lui, non ti saresti nemmeno accorta di me”.

Può essere che abbia ragione?

Può essere che sia tutto vero?

Anche se mi sforzo di farlo, non capisco cosa sia accaduto a tutti i nostri progetti.

Adesso che il futuro è finalmente arrivato, per quale gioco crudele deve essere così diverso da come l’avevamo immaginato?

Mi rigiro tormentata sul divano. Do una aggiustata ai cuscini.

La casa è così perfetta e così quieta.

Forse vorrei che Max si fosse accorto che non riesco a dormire e avesse fatto come faceva sempre.

Quando per prendere sonno era indispensabile dormire nel suo abbraccio.

Damiano mi ossessiona. Il suo sguardo, il suo profumo, le sue parole. Il suo modo di rivolgersi a me.

Mi accende quella sensazione terribilmente fantastica di sentire le farfalle nello stomaco ogni volta che gli sto accanto.

E più mi emoziona la vicinanza di Damiano, più mi tormenta la distanza che sento fra me e quello che è il mio grande amore di sempre.

“Non ti saresti accorta di me”.

Ha ragione. Ha ragione sul serio.

Rammento quando non riuscivo a immaginare altro uomo oltre a Max.

Il mio uomo. L’unico che avrei pensato di amare fino alla morte.

E adesso non capisco cosa mi succede.

È il desiderio di sentirmi ancora la ragazza di un tempo? Quella che rivive nei racconti fra amiche sulla spiaggia e che ora sembra svanita?

Ripenso al dito di Damiano che sfiora le mie labbra e sento di nuovo quella fantastica sensazione di percepirsi leggeri in un campo di impalpabile elettricità.

Guardo il telefono e penso che forse potrei perfino fare la sciocchezza di scrivergli qualcosa, qualunque cosa a quest’ora della notte, perché mi chiedo se anche lui sia sveglio e stia pensando a me.

Immagino di sentirlo, immagino di vederlo in una casa che non ho mai visto. Anche lui con il telefono in mano a pensare se scrivere a me.

Proprio in quel momento, mentre sto fissando il suo contatto, indecisa se fare la follia di mandargli un messaggio, compare, per un solo istante, la frase più bella del mondo: “Sta scrivendo…”. Ed è di nuovo da mozzare il fiato.

Sorrido nel buio incredula e immediatamente di nuovo allegra per questa coincidenza.

Digito qualcosa a caso, senza inviare nulla, così che anche lui veda che forse potrei scrivergli e sappia, anche se è stato solo per un secondo, che anch’io ho pensato a lui nel cuore di questa notte insonne.

 

-Salutaci !

Ciao ragazzi! Alla prossima!


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