Intervista a Rachele Vestri

Titolo : Anima mia

Editore : Independently published 

Lingua : Italiano

Copertina flessibile : 331 pagine

Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 12,752 in Libri

n. 1,900 in Romanzi rosa

n. 5,261 in Letteratura e narrativa

Buongiorno lettori, quante volte, siamo tornati a casa con il cuore spezzato ed abbiamo abbandonato le speranze di avere un amore vero, sincero e puro? Quante volte abbiamo perso le staffe? Quante volte abbiamo perso la pazienza dicendo “non sprecherò mai più tempo con nessun idiota”? Quante volte abbiamo deciso di spegnere i nostri sentimenti? Ciò significa che abbiamo qualcosa in comune con il protagonista del libro di Rachele Vestri.

-Buongiorno Rachele, potresti presentarti per chi ci legge?

Buongiorno a te Edmea. Mi chiamo Filomena e scrivo con lo pseudonimo di Rachele Vestri. Sono calabrese di nascita e veronese di adozione. Faccio la mamma a tempo pieno e, da qualche tempo, ho deciso di ritagliarmi degli spazi per portare avanti la mia passione per la scrittura. 

-Ti definiresti una sognatrice?

Assolutamente sì! Ma, con il passare degli anni, i miei sogni sono un po’ mutati. Ovviamente resta la parte frivola, per esempio quella che si “innamora” dei personaggi maschili dei libri o dei film (altra mia grande passione), ma oggi sogno per lo più di visitare New York,  di andare alle Hawaii, di formare personalmente il cast  di attori che dovranno interpretare i personaggi dei miei libri... sogno ancora moltissime cose abbastanza bizzarre. Poi c’è la parte matura, quella che sogna i figli realizzati nella vita, felici sentimentalmente... Sogno anche un mondo pulito in tutti i sensi. Dove la gente non debba vergognarsi né aver paura di fare scelte controcorrente. Sembrerà banale, ma quest'ultimo è uno dei miei sogni più grandi.


-Perché hai scelto di scrivere il genere Romance?

Ho scelto questo genere molto banalmente perché mi piace moltissimo. Mi sono avvicinata alla lettura proprio con il genere rosa. Poi, un giorno ho scoperto  James Patterson, uno dei più famosi scrittori di thriller al mondo, quindi per un periodo ho deviato sul thriller. Ma la vera rivoluzione, per me, è stata quella di scoprire l’esistenza del Romantic Suspense. Sono due generi che, combinati insieme, a parer mio sono perfetti. C’è la storia d’amore, che coinvolge e fa sognare i lettori, e poi c’è la parte thrilling, che mette tensione, suspense, azione. Un'esplosione di ingredienti che fanno restare incollati al libro, pagina dopo pagina. 


-Sei una romantica?

Moltissimo, anche se deve essere sempre presente un pizzico di ironia. Non solo sui libri ma anche nella vita, preparo sempre il colpo di scena che rende tutto più frizzante. 

-Quanto è importante l’elemento della suspense in un tuo libro?

Tantissimo. Va alla pari con l’aspetto “rosa”. La suspense è quell’elemento che fa divorare il libro dalla prima all’ultima parola. Ti fa fare un giro sulle montagne russe. Quando scendi hai lo stomaco sottosopra e l’adrenalina a mille, ma continueresti per ritrovare quell'emozione. È quella parte che ti fa esclamare “dai, ancora un'altra pagina!” o “non posso lasciare proprio adesso!”. E così ti ritrovi alla pagina dei ringraziamenti senza neanche esserti resa conto di avere letteralmente divorato il libro. 


-Ed il titolo?

Beh, il titolo ha una grandissima importanza. Credo ne abbia tanto quanto la copertina. Io stessa ho acquistato e acquisto libri perché attratta dalla cover e dal titolo. Sono entrambi il bigliettino da visita. Devono fare colpo e attirare l’attenzione di chi sta effettuando l'acquisto. Devono dare anche qualche piccolo input in merito alla trama, senza svelare troppo. Per esempio il titolo del mio libro, Anima Mia, e la copertina spettacolare che è stata creata per esso, comunicano forza, passione, desiderio ma nello stesso tempo amore e protezione. Tutti elementi che sono presenti nella storia. 


-Perché hai scelto di tagliare la parte dello sguardo dei due protagonisti in copertina?

La scelta, a dire la verità, mi è stata consigliata dalla Dottoressa Monique Scisci, direttrice dell’Accademia della scrittura. Lei ha curato tutto l’aspetto editoriale mentre la Dottoressa Rossella Arinisi  si è occupata dell'editing. Entrambe mi hanno fatto riflettere sull’elemento "fantasia". Mi spiego meglio.  I lettori vogliono immaginare i volti dei miei protagonisti. Sono loro e non solo io che devono dare fisionomia ai miei personaggi. Qualcuno ci ha già visto un attore o una modella che non c’entrano nulla con quelli cui ho pensato io. Ma il bello è proprio questo! Lasciare i miei lettori liberi di volare con la fantasia. 


-Sei d’accordo sull’affermazione: rosso passione?

Sì e no! Secondo me è un cliché. Siamo abituati a vedere donne seducenti che indossano puntualmente un elemento rosso: le scarpe, il rossetto o addirittura il colore dei capelli. Tutti dettagli, questi, che inducono a pensare che una donna sia più attraente. Sicuramente potrebbe esserlo. Ma io sono dell’idea che, se ami qualcuno o se ne sei fortemente attratto, anche di fronte a una tuta da ginnastica la passione può scattare. Non è solo il vestito che conta. Attrae il modo di pensare, lo sguardo, il modo di muoversi, persino la voce è un elemento crea, accende e scatena la passionalità. 


-Un uomo e una donna che si detestano sin da subito, quante possibilità hanno di finire per condividere tutto?

Non lo so, forse tutto dipende se riusciranno a trovare dei punti di contatto, se avranno la possibilità di andare oltre le apparenze, che spesso non identificano appieno le personalità.  

Con i miei protagonisti, il problema non si pone. Tra loro è scoccato il classico colpo di fulmine... anche se hanno dovuto faticare un bel po' prima di darvi seguito.


-Delinea in 4 parole il profilo di Logan Dalton.

Logan Dalton è un personaggio brillante, astuto, amante del lusso e delle belle donne, affascinante e... "mutevole".


-Quanti Logan hai conosciuto nella tua vita?

Nella vita reale, mai nessuno. Logan Dalton appartiene ad un mondo opposto al mio, anche se non mi dispiacerebbe affatto incontrarlo sul mio cammino!


-Estratto del tuo libro con foto.

Esco dalla sala e vado a cercarla, fingendo di volere ispezionare i locali di servizio. Abby è nel magazzino delle bevande, seduta per terra a gambe incrociate, dietro una pila di scatoloni. Con una mano si asciuga le lacrime e con l’altra regge un bicchiere di liquido marroncino.

«Tutto bene, signorina Parker?», chiedo restando formale. 

Lei alza il viso e orienta su di me uno sguardo immensamente triste. 

«Sì, Mister Dalton. Mi scusi. Mi sono presa una pausa leggermente più lunga, ma ho detto al direttore di detrarla dalla mia paga», risponde con voce incrinata mentre i suoi occhi tornano a puntare le sneakers. 

«Posso permettermi di chiamarle un medico?», chiedo chinandomi sulla sua schiena. Ha i capelli che le scivolano sulle spalle, aperti in due metà. La nuca scoperta mi regala la visione di una pelle perfetta. I primi anelli della sua colonna vertebrale sono sotto i miei occhi. Li bacerei uno per uno. Dannazione Abby! Non fiato. Scuote la testa e beve con due mani il resto della sua bevanda. 

«Gliel’hanno detto che ai dipendenti è fatto divieto di bere alcolici?» 

«È solo un tè freddo!», esclama come se ciò fosse ovvio, mentre avvicina il bicchiere alle mie narici e si tira su come un grillo. 

Le porgo una mano, anche se non ha bisogno di nessun aiuto per tirarsi in piedi. Da questa prospettiva faccia a faccia vedo che i suoi occhi sono ancora pieni di lacrime. 

Mi fissa. Sembra fragile, impaurita. Non so cosa sia successo ma so che piange da ore e, istintivamente, la stringo forte. Nasconde il viso sulla mia clavicola. Il suo respiro cede e le sue spalle hanno un sussulto. Abby si affida a me, con un pianto di bambina abbandonata. La prendo in braccio e la porto nel mio ufficio. Mi abbraccia come se avesse paura che io la rimetta a terra. Vorrei dirle di stare tranquilla, che non la lascerò per nulla al mondo. Sento che il suo cuore è a pezzi, dilaniato da un dolore che il mio gesto affettuoso forse ha accentuato. La adagio sul divano bianco, che subito si illumina con questa bellezza pura e radiosa. Non posso fare a meno di ammirarla. Si copre il viso, come se all’improvviso le fosse divampata una fiamma di vergogna. Adagio la mia giacca sulla sua schiena per proteggerla dall’invadenza del mio sguardo. Le ginocchia mi scivolano per terra mentre racchiudo le sue mani nelle mie. 

«Chi è che le fa del male?», sussurro con le labbra quasi sulle sue dita.

Scuote la testa e non riesce a rispondere. Le lacrime non smettono di bagnarle il viso. Aspetto con pazienza, accarezzando con i pollici il dorso delle sue mani. 

«Sono così sbagliata?», bisbiglia. 

«No. Perché me lo chiede?», rispondo semplicemente, quando vorrei dirle, al contrario, che lei è meravigliosa.

«Perché mia madre non mi ama, Mister Dalton», afferma con la gola affogata.

«Era al telefono con lei prima che arrivassi?». 

Mi sfugge una domanda che non avrei dovuto fare. Lei non può sapere di essere sotto osservazione. Spero non mi chieda il senso di queste parole. Annuisce e la mia rabbia monta. 

«L’ho chiamata per dirle che ho superato l’esame, tra due mesi avrò il prossimo, e che ci sono buone possibilità che entro l’anno io mi laurei. È il mio sogno. Lei lo sa, eppure mi ha aggredita. Dice che sto perdendo tempo. Che se avessi pensato a lavorare invece di studiare, avrei potuto darle molto più denaro». 

Siedo all’altro angolo del divano, accanto alle sue caviglie. Appoggio le mani sulle sue ginocchia e la lascio continuare. Abby si solleva e porta una mano sul mio petto. 

«Mi ha detto che non verrà alla cerimonia. Ma io ho solo lei. Non ho un padre. Non l’ho mai conosciuto». 

So tutto della sua vita ma solo adesso diventa tangibile quanto male le sia stato causato. Vorrei consolarla ma il suo vuoto è troppo grande e io non posso colmarlo. Riesco appena a dirle che mi dispiace.

«Mi perdoni, Mister Dalton. Sono qui per lavorare, non per perdere tempo. Ora sto esagerando con ’sto piagnisteo», dice mortificata mentre tira fuori un fazzolettino da una tasca e inizia a soffiarsi il naso. «Dirò al direttore di detrarmi dalla paga tutto il tempo che sto sprecando», ribadisce alzandosi definitivamente dal sofà. 

«Invece io dirò ad Albert di non tenere conto di tutto il tempo che lei sta sprecando qui con me», sorrido per le sue ennesime parole a sproposito.

«Oh mio...! Non voglio che gli altri pensino che... sì, insomma... cioè non voglio favoritismi. E poi non intendevo dire che…». Si guarda la punta dei piedi, incantevole e paonazza. 

«Se gli altri pensano… qualsiasi cosa pensino che la disturbi, gli dica di venire a parlarne con me».

Sorride e le appare sul viso un’espressione di sollievo. È quasi arrivata sulla soglia quando si volta, torna indietro e, con uno slancio che mi lascia di stucco, mi abbraccia. Per un istante la stringo, usando molta forza e inspirando profondamente il suo profumo. 

«Grazie!». 

Va via. Non mi lascia il tempo di dire o fare altro. La guardo mentre si allontana. Ho lo stomaco sotto sopra. Decido di fermarmi al locale e di sorvegliarla attraverso il monitor fino alla chiusura. Prima del rientro a casa farò un’apparizione in sala. 

«Buonanotte, signori», dico accompagnando il saluto con un gesto della mano. 

Mi rispondono tutti quasi in coro ma i miei occhi sono su di lei, che mi regala uno sguardo complice. Le faccio l’occhiolino e mi avvio all’auto. 




-Prima di concludere l’intervista, dato che punto anche alla conoscenza della persona, vorrei raccontarvi, anzi farvi raccontare qualcosa da Rachele. Mentre ci conoscevamo virtualmente, abbiamo toccato l’argomento Falcone - Borsellino. Rachele è una mamma dai sani principi per cui vorrei che condividesse una piccola parte di lei con voi.

Molto volentieri Edmea.  Come dici tu, io sono una mamma. Ho una figlia di tredici anni e un bambino di otto.  Lui è un bambino “speciale”. A causa di una nascita prematura, riporta delle conseguenze importanti. È sordo, a seguito di un’emorragia celebrale, ed affetto da una forma autistica di livello 2.  Viste la situazione non del tutto facile, soprattutto per lui, ho deciso di chiamarlo Simone Antonio Paolo. Paolo come Borsellino. Ho sperato e pregato affinché il giudice, per cui nutro una stima profonda, immensa, vegliasse su di lui. Ho sperato che questo nome desse a mio figlio la stessa forza che ha avuto lui nell’affrontare il suo destino. Che gli desse anche un pizzico di spavalderia. E così è stato. Simone ha superato le crisi. Ora frequenta la terza elementare. E non vedo l’ora di portarlo sulla tomba dello “zio Paolo” in via D’Amelio e spiegargli chi fosse, cosa abbia fatto e cosa continuerà a fare insieme a tutti gli angeli che portano il nome di Giovanni Falcone, Antonino Caponnetto e tutti gli uomini delle rispettive scorte. Ovviamente non dimentico le tre meravigliose donne: Agnese Borsellino, Francesca Morvillo e Manuela Loi. 

Continuo a parlare di loro anche a mia figlia Rebecca. Spiego quanto sia importante vivere nella legalità e, soprattutto, quanto sia stato immenso il sacrificio che hanno compiuto questi "meritevoli". 


-Lasciaci un saluto in stile romance!

Il primo che mi viene in mente è un piccolo omaggio a Sepúlveda, recentemente scomparso: "Lasciatevi trasportare dalle parole. Se osate, la fantasia vi farà volare alto!”.




Commenti

Post più popolari

Intervista a Edoardo Francesco Taurino

Intervista a Marco Dell'Amura

Intervista ad Emiliano Forino Procacci