Intervista a Federico Riccardo

Titolo : Il tempo è il binario di un tram

Editore : bookabook

Lingua : Italiano

Copertina flessibile : 136 pagine

Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 170,799 in Libri

n. 3,560 in Racconti

n. 16,437 in Narrativa contemporanea

n. 18,062 in Narrativa letteraria

Buongiorno amici lettori! Conoscete qualche curiosità sul numero 9?

“Il numero 9 è rappresenta completezza e compimento; l’energia vibrazionale di questo numero, comprende la forza di tutti quelli che lo precedono. La persona sotto l’influenza del 9 è capace di ogni genere di cose, anche se, il rischio di dispersione è elevato. Quella del numero 9 è una forma di energia carica di compassione e amore diffusa a livello globale. Tendenzialmente incline agli opposti, questo numero può influenzare sia negativamente che positivamente l’individuo, portandolo a vedere o tutto bianco o tutto nero, incontrando a volte difficoltà a raggiungere un equilibrio stabile.” [1]

-Buongiorno Federico! Chi sei? Presentati!

Beh intanto ho letto dalla citazione che il numero 9 è incline agli opposti. Il mio nome è Federico e il mio cognome è Riccardo. Rispettivamente “signore della pace” e “condottiero valoroso”. Più opposti di così…
Nasco e vivo a Milano ma sono sempre pronto a mollare tutto e trasferirmi al mare. Lavoro come addetto stampa in ambito teatrale, ma sono anche ghostwriter, redattore online e (soprattutto) scrittore. Sono laureato in Scienze dei Beni Culturali ma ho anche una formazione teatrale.  Mi piace cucinare e guardare e riguardare vecchi film. Scrivo da quando sono piccolo.

-Descrivi in una riga il mondo della scrittura per te. Come ti approcci a questo?

Mi approccio alla scrittura in modo completamente anarchico. Non decido quasi mai di scrivere qualcosa, non mi metto a tavolino e dico “adesso inizio questa storia qui”. Anzi, a volte è un’immagine, un colore, una frase detta da qualcuno per strada a ispirarmi per un racconto. Così rifletto molto su dove posso andare restituendo al lettore la stessa intensità che è arrivata a me. Cammino per la casa, attraverso le stanze, lancio una pallina, mi sdraio, mi metto a pancia in giù, faccio di tutto pur di trovare qualcosa di interessante.
Quando ci riesco, vado finalmente a scrivere.
A volte mi capita di scrivere qualche pagina, poi di abbandonarla lì. Se il giorno dopo funziona ancora e non mi risulta retorica o stanca, allora continuo.
C’è qualcosa di teatrale in questo.
Ѐ come se stessi giocando. Mi dà tanta libertà.

-Primo ricordo di scrittura abbozzata.

Sicuramente nella vecchia casa dove ho abitato fino all’adolescenza, con i miei genitori. Ero pieno di quaderni e scrivevo qualsiasi cosa mi passasse per la testa. Anche a scuola ricordo certi intervalli da solo in classe a scrivere, mentre tutti i miei compagni trascorrevano “l’ora d’aria” in cortile.
Se penso a qualcosa di più specifico… A 16-17 anni mi ero innamorato e ho iniziato a scrivere un sacco di poesie. Ricordo che ne scrivevo almeno due al giorno. Le ho recuperate qualche mese fa e mi piacciono ancora, conservano ancora quella goffaggine e inesperienza di un tempo.

-Qualcosa, qualsiasi cosa che hai scritto, di cui ti vergogni e ti fa sorridere ad oggi?

Tempo fa ho recuperato un piccolo racconto che avevo scritto in età adolescenziale. Parla di una donna aristocratica che si innamora di un cane, non sono riuscito ad arrivare alla fine. Erano solo poche righe, però mi ha fatto riflettere: era una storia così lontana da me, non la sentivo sincera, vicina a quello che sono.

-Il tuo libro ha un titolo molto particolare, sei d’accordo con l’affermazione che crea?

Assolutamente sì. Ritengo davvero che il tempo sia come un binario infinito e noi saliamo su un tram e lo attraversiamo. Non credo al tempo che passa, siamo noi a farlo passare, ad attraversarlo. La frase che dà il titolo al libro è l’incipit di uno dei racconti, “Sul tempo”, che parla di lentezza e di giornate completamente libere in seguito a una storia d’amore finita. Mi sembrava perfetto come titolo perché preannunciava un po’ l’idea di un tram, quindi dei passeggeri ossia dei personaggi tutti diversi presenti nei racconti.

-Cosa ne pensi del treno che passa una volta sola?

Non ci credo a questa storia. O almeno, per quanto mi riguarda, tutti i treni che ho perso nella mia vita si sono ripresentati. Sono convinto che il treno ritorni. Nella vita ho abbandonato progetti, relazioni, storie da raccontare: non mi sentivo in grado. Poi tutto è ritornato e mi ha offerto una seconda possibilità.

-Come mai hai scelto il tempo come protagonista?

In realtà, è il tempo ad aver scelto me. I 9 racconti che fanno parte di questo libro sono nati in maniera spontanea, non era previsto che venissero raccolti e convivessero in una raccolta. Solo quando ho visto che in tutti di essi compariva la parola “tempo” ho iniziato a chiedermi: - E se questo libro in qualche modo parlasse di questo?
Il tempo inoltre è protagonista perché lo è nelle vite di tutti noi: quante volte dobbiamo rendere conto al tempo che ci rimane o a quello che perdiamo o al tempo che vogliamo investire in qualcosa che ci piace? “Non ho tempo” è la frase che pronuncio più spesso, purtroppo.

-Quanto sono importanti le storie dei vari “passeggeri”?

Le storie degli altri sono la mia vita. Sono un po’ un pettegolo, ma questo penso faccia parte del processo di creazione. Indago, faccio domande, mi interessano i fatti degli altri, ovviamente sempre con rispetto. I passeggeri di questo tram sono dei privilegiati: tutti sono esistiti e tutti entrano a far parte di questo libro. Tra questi personaggi, ovviamente, ci sono anche io.

-Secondo te questo libro, è per un pubblico selezionato o lo consigli a tutti?

Vorrei arrivasse a tutti e non me ne vergogno. È un libro “popolare”, sono diversissimi i personaggi che abitano queste pagine, per cui chiunque può riconoscersi in uno o nell’altro. Se dovessi trovare a tutti i costi un pubblico selezionato ti direi sicuramente che mi rivolgo agli amanti dei racconti. Ho scoperto che ce ne sono tantissimi, c’è un sacco di gente che preferisce i racconti ai romanzi.

-C’è una premessa che dobbiamo fare o a cui dobbiamo abbandonarci prima di iniziare a leggerlo?

È un libro nato in crowdfunding (dalla casa editrice Bookabook). Servivano 200 copie preordinate per far sì che venisse stampato, pubblicato e distribuito. C’è stata una partecipazione fuori da ogni previsione.

Senza il lettore quindi questo libro non sarebbe mai esistito. Un “grazie davvero” a noi tutti prima di intraprendere la lettura è la premessa più grande che si possa fare.

-Da dove è nata l’ispirazione per questa pubblicazione?

Questi racconti nascono da un’esigenza specifica: scrivere alcune delle cose più belle della mia vita prima che me ne dimentichi.

-Un consiglio a chi vuole scrivere qualcosa.

Bisogna essere onesti, se si vuole scrivere. Bisogna credere a quello che si scrive, sapere perché lo si scrive, trovarne il senso, la coerenza ma soprattutto l’esigenza. Non è difficile come esercizio in sé. La cosa realmente difficile è rimanere di questo avviso per ogni singola cosa che scrivi. Molto spesso aggiustiamo un testo con trovate che funzionano solo perché vogliamo sbrigarci e arrivare alla fine. Se ci si focalizzasse più sull’esigenza di quello che va detto, sarebbe molto meglio.

-Un saluto che possiamo conservare anche col passare del tempo!

Citando Franco Battiato: “Torneremo ancora”

 



[1] https://www.ilgiardinodegliilluminati.it/significato-dei-numeri/numero-nove/


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