Intervista a Paquito Catanzaro

Intervista a Paquito Catanzaro

Paquito Catanzaro “Due di picche”

Editore : Homo Scrivens

Lingua : Italiano

Copertina flessibile : 144 pagine

Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 348,124 in Libri

n. 38,985 in Narrativa contemporanea

n. 40,565 in Narrativa letteraria

 

Buongiorno cari lettori! Siete fortunati in gioco e sfortunati in amore? O viceversa? Sapete risolvere le equazioni? Oggi ne risolviamo una insieme :

x : non = essere : single. Il risultato è Due di picche! Il libro di cui parliamo oggi.

-Buongiorno Paquito, presentati per tutti quelli che ci leggono. 

Ciao a tutti sono Paquito Catanzaro, l’anello di congiunzione tra l’uomo e il cartone animato. Giovane vecchio (o vecchio giovane, dipende dalla prospettiva da cui mi si guarda), scrivo storie e svolgo tre lavori (il mio è davvero smart working!) tutti legati al mondo della comunicazione.

 

-Ci sveli un segreto? 

Ho smesso di fare la pipì a letto a 9 anni.

 

-Quando hai iniziato a scrivere? Pensavi di pubblicare un libro? 

Ho cominciato nel 2011 con l’ambizione di scrivere un copione teatrale valido. Col tempo ci ho preso gusto e, dopo una sacrosanta gavetta fatta di decine di racconti, mi sono impegnato a sufficienza per scrivere un paio di romanzi.

 

-Cos’è fondamentale per scrivere? 

Leggere, leggere e ancora leggere. Per diventare un valido scrittore, bisogna innanzitutto essere uno straordinario lettore.

 

-Mirko, Dante e Romualdo sono i 3 protagonisti del tuo libro. Rappresentano anche uno stereotipo? 

Forse sì, ma non mi sono fatto questa domanda durante la stesura del manoscritto. A me servivano tre ragazzi desiderosi di mettersi alla prova e, perché no, trovare l’anima gemella. Per farlo ho attinto dal mio quotidiano, dalle persone che conosco, ma pure da un immaginario collettivo che, giocoforza, crea stereotipi. Stereotipi che – spero – permetteranno ai lettori di identificarsi in uno dei personaggi.

 

-Massimo Valsecchi, li aiuterà a trovare fidanzata. Quanti ne hai conosciuti come lui? 

Massimo li costringerà a confrontarsi con le loro paure e a superarle. Di Massimo Valsecchi ne ho conosciuti moltissimi e devo loro tanto. Di seduttori incalliti ancora di più e gli sono grato per avermi fornito decine di momenti d’ispirazione funzionali alla storia.

 

-Domanda invadente. Hai preso qualche due di picche? Uno? 

Ne ho presi decine. E aggiungerei meno male. I rifiuti ti fanno crescere, sono lezioni di vita impagabili. Nel 2000, o giù di lì, un due di picche mi è servito per guardarmi allo specchio e mettermi in discussione: non piacevo alle altre ma, soprattutto, non piacevo a me stesso. Un doloroso (ma nemmeno troppo) esame di maturità che mi è stato davvero utile.

 

-Il romanzo semiserio è un genere fantastico. Perché lo hai scelto? 

Perché è il modo con cui affronto la vita. Più di altri, “Due di picche” è il romanzo che maggiormente mi rappresenta. A livello sentimentale ho sofferto molto e, ahimè, ho arrecato sofferenze. Tuttavia ho sempre guardato avanti e l’ho fatto col sorriso.

 

-E perché questo tema? 

Perché avevo in testa questi personaggi e li ho fatti interagire tra loro. Con la scrittura mi metto sempre in discussione, cercando di spaziare tra i generi. Stavolta volevo parlare di sentimenti e l’ho fatto in modo divertito.

 

-Soprattutto, da dove viene l’idea del titolo? 

Dall’immaginario collettivo di qualche risposta fa. Un due di picche, presto o tardi, lo abbiamo beccato tutti. Qualcuno ci ha sofferto, qualcuno ci ha riso su, qualcun altro ancora ha trascorso la notte insonne. Io ci ho scritto una storia e, alla fine, mi sono sentito felice. Il senso della scrittura, in fondo, è questo.

 

-Due di picche è un libro per tutti? 

Credo e spero di sì. È un libro che ha l’ambizione di intrattenere il pubblico. Di certo non porterà a riflessioni sul senso della vita, ma potrebbe rammentare a qualcuno un evento simile o la cotta adolescenziale. Magari farà scappare pure una lacrimuccia. Inoltre se qualcuno, grazie alla lettura del romanzo, riuscisse pure a trovare l’anima gemella, beh… chiederei i confetti!

 

-Riassumilo in 3 parole. 

AAA – Amicizia, Amore, Affidabilità.

 

-Quanto è importante l’ironia secondo te? 

Fondamentale. Chaplin diceva che un giorno sorriso è un giorno perso. Io rilancio: è scientificamente provato che si sforzino più muscoli per assumere un’espressione imbronciata che per fare un sorriso. Visto il momento delicato per tutti… facciamo economia!

 

-Lasciaci un saluto da Don Giovanni. 

La messa è finita, andate in pace. Pardon, il don Giovanni più celebre che conosco è il mio parroco!




 

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