Intervista a Marco Degl' Innocenti

Titolo : La solitudine in due

Lingua ‏ : ‎ Italiano

Lunghezza stampa ‏ : ‎ 305 pagine

Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 45,091 in Kindle Store 

n. 5,814 in Narrativa contemporanea 

n. 8,857 in Romanzi rosa 

n. 14,202 in Romanzi rosa


Buongiorno amici lettori, buongiorno Marco. Chi sei nella vita di tutti i giorni?

Ciao a tutti. Ciao Edmea, innanzitutto grazie per avermi concesso il tuo tempo e questo spazio.

Nella vita di tutti i giorni sono un metalmeccanico, per la precisione un costruttore di treni, eseguo lavori di concentrazione e purtroppo abbastanza ripetitivi. Il tempo per leggere libri cartacei è sempre stato poco, visti i ritmi frenetici che ho causa turni abbastanza serrati, ma grazie agli audiolibri passo giornate sempre diverse una dalle altre: un giorno mi trovo in un giallo in mezzo al mare; un giorno tra le vicende sentimentali in un paese sperduto; un giorno (una settimana) sono a ripercorrere gli anni della vita del Conte di Montecristo. 

Sono un padre e presto anche marito (visto che mi sposerò tra 15 giorni) e mi sono riscoperto scrittore dopo anni di stop, soprattutto grazie alla mia compagna che mi ha regalato il tempo per potermi dedicare al mio romanzo. So di aver rinunciato a tempo che avrei dovuto impiegare per stare con la mia famiglia, ma loro sanno quanto importante per me sia questo libro.


Le tre cose a cui tieni di più?

I ricordi possono definirsi cose? Nel mio caso, sì. Tengo ai ricordi belli e brutti (specialmente quelli belli, ovvio) quelli che ti si stampano indelebilmente nella memoria, quelli da cui impari, quelli che puoi utilizzare per crescere e perché no, usarli per educare un figlio, o da cui attingere per scriverci un libro.

La mia moto, una di quelle grandi, che ci stai seduto come in poltrona, dove non hai bisogno della velocità, ma dove il rumore dei tuoi pensieri fa sempre più rumore del motore a pieni giri. Lì sopra sono rilassato, quasi come se stessi in un centro termale a farmi coccolare, e un viaggio che secondo il cronometro dura ore, per la mia mente dura solo pochi minuti, in cui ho catturato nella mia memoria, luoghi, sensazioni e odori.

Come scrivevo precedentemente, in un libro puoi inserire tutto ciò da cui puoi attingere dai ricordi e nel mio ho inserito un oggetto che non vi dirò, regalatomi da una persona a me molto importante e ho deciso di rendere onore a questo particolare oggetto ,inserendolo e non facendolo quasi mai abbandonare da Mattia, il protagonista. 


Le persone di cui non potresti fare a meno?

Riccardo, mio figlio. Il mio “mini me” con il carattere della mia compagna, tre anni di gioia dove per me lui è sempre al primo posto di fronte ad ogni cosa, il mio terremoto, che, come un cataclisma, ha rivoluzionato in meglio e in modo perenne il mio mondo e la mia vita.

La mia compagna, Isabella, che mi sostiene e mi dona gioia e amore dal primo istante in cui l’ho conosciuta. Capendomi e sopportandomi, che in fondo non è quello che poi fanno la maggior parte delle mogli con i mariti? La cosa è reciproca, e ci va benissimo così.

E come non parlare di Mamma e Babbo (sono toscano e da noi la parola papà non è minimamente contemplata), che prima di tutti mi hanno plasmato e educato come quello che sono oggi e che nonostante tutto ciò che hanno fatto negli anni passati, continuano a fare ancora.

Gli amici, quelli veri, quelli che raramente servono le dita di due mani per contarli. Quelli con la “A” maiuscola.


Da quanto scrivi?

Più o meno da quando fumo. Con la stessa cadenza, dall’età di 13 anni scrivo e poi accartoccio il foglio, o getto il file word nel cestino, come con le sigarette, incomincio, in un periodo di stress, smetto quando decido di buttare via il pacchetto e ricomincio quando accade un evento che mi sprona a rifarlo.

Una cosa è certa: a differenza dello stereotipo di scrittore che durante il suo periodo creativo, sommerso tra fogli e informazioni, tra testi e battiture varie ha sempre una sigaretta tra le labbra e un portacenere pieno di mozziconi, io, quando scrivo non fumo. La scrittura mi fa bene, mi allunga la vita.


Come ti senti quando scrivi?

Quando scrivo, sono rilassato come un cavallo allo stato brado in un’immensa prateria che corre senza che nessuno lo insegua, ho il cervello che viaggia a pieni giri e quando le mani che battono sulla tastiera, o nell’eventualità la penna scorre sul foglio, non riescono a star dietro alle idee, sento devo continuare a fare ciò che sto facendo, passami il termine, “vomitare” inchiostro su un foglio senza alcun freno, senza alcun ritegno, perché poi, per rimettere tutto a posto c’è sempre tempo.


“La solitudine in due” è un titolo molto particolare. Perché lo hai scelto?

Ho una passione per le lingue estere e nonostante questo non ne parlo correttamente nessuna, ma l’interesse che provo davanti a una parola straniera di sapere il suo significato in italiano è un chiodo fisso.

La serie di romanzi che sto scrivendo gioca tutto intorno a parole che sono intraducibili in italiano, come in questo caso Zweisamkeit, il sottotitolo (tradotto letteralmente come duitudine). L’ ho scelto perché la storia di Mattia e Valeria gira intorno alla loro solitudine, alla loro distanza e contemporaneamente al loro amore, ma soprattutto perché questa parola, Zweisamkeit per l’appunto, mi ha sempre appassionato e attratto.

Mattia capirà cosa significa questa parola solo andandoci, letteralmente, quasi a sbattere il naso stravolgendone completamente (o quasi) il significato.


Parlaci brevemente di Mattia e Valeria.

Due innamorati, forse come tanti, forse come nessun’altra coppia al mondo, fatti l’uno per l’altro, insieme al loro bulldog inglese amato come un figlio. Sono ragazzi giovani, di Firenze, appena 25 anni, con la forza di fare tutto o di disfare tutto, senza accorgersene, vivono in un (Bel)Paese che gli calza stretto che non li gratifica, dove sopravvivono, invece di vivere. Lei ferma, inchiodata alle proprie tradizioni, radici e affetti, lui libero di volare verso nuove esperienze ma con una sola cosa in testa: la famiglia, quella da creare nuovamente con la sua fidanzata e il suo cane in una nuova città, Zurigo.


Perché hai scelto Zurigo?

Ci ho abitato, la conosco come le mie tasche, ci ho passato il periodo più bello della mia vita e tornare con Mattia a girare per la città, è stato come tornare nuovamente a calcare quelle strade e a rivivere avvenimenti indelebili. Spero di averla descritta bene, con tutto il sentimento che provo per quella metropoli e i suoi abitanti. Auguro di invogliare i lettori a visitarla, perché per me è, e rimarrà per sempre, la città dei sogni, la metropoli silenziosa anche nel caos frenetico dell’ora di punta, la città dove non manca niente, da dove non avrei mai voluto andarmene.


Quanto è importante l’elemento del tumulto della storia nel tuo libro?

Nel libro non esiste un punto di distacco ben preciso tra i protagonisti.

Esiste una serie di eventi che, come un effetto a catena, si ripercuotono sui protagonisti capitolo dopo capitolo: partendo con la separazione fisica, non sentimentale, dei due protagonisti si percorre una strada che li allontanerà fino ad arrivare alla comparsa di un nuovo personaggio che stravolgerà completamente la storia, fino alla comprensione della parola Zweisamkeit da parte di Mattia e alla sua decisione finale. Non rivelo niente di più, potrei cadere in qualche spoiler involontario.


Lasciaci un saluto.

Grazie ancora a Edmea per questa possibilità, grazie a tutti i lettori che avranno avuto la pazienza e la voglia di leggere questa intervista. Spero di avervi invogliato in questa lettura e di aver arricchito questo blog con parole e frasi gradite. Augurandovi il meglio dalla vita, vi saluto e vi abbraccio.

Marco.



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