Intervista a Francesco Calzoni



Titolo: La trasfigurazione mediatica di Chiara Maffei. A chi importa dell'assassino? Le indagini del commissario Marchese

Editore: ‎ Robin (12 ottobre 2022)

Lingua: Italiano

Copertina flessibile: 261 pagine

Posizione nella classifica Bestseller di Amazon: n. 473,721 in Libri (Visualizza i Top 100 nella categoria Libri) n. 6,201 in Police procedural 

n. 171,561 in Narrativa di genere


-Buongiorno amici lettori, e buongiorno Francesco. Ti chiedo di presentarti per noi 😊

Buongiorno a tutti, mi chiamo Francesco Calzoni, ho 46 anni e gestisco logistica e commerciale in un’importante azienda del settore alimentare. Nei ritagli di tempo, oltre a mettermi nei guai, scrivo. Spesso prendendo spunto da quello che mi capita, magari inserendolo in altri contesti.

-Quando hai iniziato a scrivere?

Praticamente da sempre, dal giornalino della classe al liceo. Con il tempo ho iniziato a scrivere cose sempre più strutturate, fino ai trent’anni circa, quando ho abbandonato per una serie di situazioni che mi avevano tolto materialmente il tempo di stare dietro a questa passione che richiede grande applicazione e una serenità di base senza la quale è veramente difficile produrre lavori che superino poche pagine.

-Il momento in cui hai capito che avresti condiviso la tua scrittura con gli altri.

È stato un processo graduale. Ho ripreso a scrivere con continuità circa tre anni fa, producendo consecutivamente i due romanzi che sono stati poi pubblicati dalla Robin Edizioni (oltre a questo c’è anche “Il Re ha parlato”). Dopo qualche mese, mi sono fatto convincere a sottoporli a un agente letterario, la quale (Giulia Abbate) mi ha lentamente convinto a proporre i lavori a varie case editrici. Per fortuna che è stata paziente e insistente.

-Parliamo del tuo romanzo. Un giallo. Perché questo genere? 

Perché mi piace il genere e perché lo ritenevo una sfida. Creare un buon giallo (io amo molto quelli classici, dove il mettere insieme i pezzi, la capacità logica, contano più degli aiuti scientifici) è come comporre un puzzle. Bisogna lasciare tra le pagine tanti piccoli indizi che il lettore più attento può cogliere, mentre quello più distratto, una volta scoperto l’assassino, può ritrovare se ha la pazienza di tornare sulle pagine appena lette. E la storia deve avere un suo ferreo sviluppo logico, ci sono dei dogmi inviolabili se si vuole scrivere un giallo che funzioni veramente.

-Perché questa storia?

Non lo so. Le storie mi trovano, ho scritto un giallo, a parte per i motivi che ho detto prima, perché questo mi è venuto. Oltre la struttura investigativa volevo parlare di alcune tematiche sociali. Le due cose, dinamiche narrative e sociali, si incastravano bene ed ecco la storia.

-Come hai delineato i personaggi?

Inizialmente erano tutti molto didascalici, perché la mia scommessa personale era appunto creare una struttura investigativa che funzionasse. Poi, per una serie di motivi, mi sono trovato a dover raddoppiare le pagine scritte, e così ho dato ampio spazio alla loro personalità. E lì ho scoperto che i loro caratteri erano già dentro di loro, non mi sono dovuto mettere a tavolino a studiare come e perché dargli un determinato sviluppo nella storia (anche perché, come detto, la storia già era stata scritta). È stato tutto molto naturale.

-Quanto è stato complesso progettare questo romanzo?

Sicuramente lo sviluppo della scaletta, che mi ha portato via un paio di mesi, è stato uno snodo fondamentale e delicato. Già di suo ogni storia è come fosse viva, perché ci mette un niente a prendere una strada diversa da quella che uno ha pensato all’inizio. E in un giallo questo è un problema doppio.

-Hai incontrato il terribile “blocco dello scrittore” durante la stesura dei tuoi romanzi?

Come dicevo prima, erano una decina di anni che non scrivevo niente di strutturato. Avevo quindi una grande voglia arretrata di raccontare quello che avevo dentro. Ho scritto praticamente tutto di getto o quasi. Oltre i due romanzi ho “partorito” consecutivamente anche tre o quattro racconti brevi (uno pubblicato in un’antologia di Historica) che prima o poi metterò in ordine, magari per farne una raccolta assieme ad altri. Quindi nessun blocco, anzi un flusso logorroico inarrestabile.

-Dove e come possiamo contattarti?

Su instagram, facebook e messanger, telegram. I canali sono quelli. Mi trovate semplicemente coma Francesco Calzoni, non ho molta fantasia in questo.

-Lasciaci un saluto, in stile commissario Marchese.

Il commissario è un funzionario molto ligio al dovere, poco incline ai convenevoli sociali; al massimo direbbe “buon lavoro.” Io che sono decisamente meno convenzionale, vi porterei a fare il bicchiere della staffa per salutarci. Ma visto che non siamo insieme, allora vi auguro buona vita. A presto!





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